26 marzo 2012

17 ragazze (D. e M. Coulin, 2011)

Le sorelle Coulin ambientano a Lorient, in Bretagna, un fatto realmente accaduto nel 2008 in Massachusetts. Diciassette ragazze dello stesso liceo decidono di rimanere incinte contemporaneamente con l’utopico progetto di crescere i loro figli insieme (una comunità di mamme un po’ hippie), e in modo possibilmente diverso da come loro stesse sono state cresciute dai genitori.

Dopo aver visto questo film, la mente corre immediatamente a Juno (J. Reitman, 2007) in cui una ragazzina rimasta incinta decide di portare avanti la gravidanza. In Juno però non solo i presupposti, ma anche le conseguenze sono diametralmente opposte rispetto a 17 ragazze: il concepimento è il tipico incidente di percorso al quale porre rimedio nel migliore dei modi, e Juno (Ellen Page) – nonostante sia un’adolescente ribelle e un po’ mascolina – impara nei nove mesi di gestazione ad affrontare la gravidanza con maturità e senso di responsabilità; il messaggio era semplice “Anche una gravidanza prematura e non desiderata può renderti migliore”.

In 17 ragazze invece il concepimento non solo è desiderato, è soprattutto pianificato. La gravidanza è l’unico angolo di mondo che sfugge al controllo dei genitori, della scuola e dei maschi coetanei (descritti come meri oggetti sessuali): è un prezioso angolo di libertà che consente a queste diciassette adolescenti di immaginare un futuro diverso rispetto a quello prospettato dalle loro famiglie. La gravidanza le rende speciali e unite, dà loro nuovi stimoli, senza mai renderle più mature e più responsabili. I nove mesi di gestazione sono solo il necessario percorso per arrivare all’agognata libertà. Niente di poetico, niente di educativo.

Questa scelta si rivela subito come il capriccioso desiderio di un gruppo di ragazze ribelli o semplicemente vittime del modello imitativo tipico dell’età adolescenziale. Non esiste senso morale, né la possiblità che una prematura gravidanza possa far crescere le protagoniste, donando loro maggiore senso di responsabilità e un’immediata maturità.

Le due registe fotografano la vicenda e la mostrano per quella che è, lasciando agli spettatori il compito di trarre dei giudizi e alle immagini quello di prospettare le uniche conseguenze possibili.

Voto: 8

[Premio Speciale della Giuria al 29° Torino Film Festival]

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