26 ottobre 2013

La vita di Adele (A. Kechiche, 2013)


Esiste un particolare, una sensazione, che vi rivela immediatamente se un film vi è piaciuto o meno? Per me sì. Forse è banale, ma se le immagini mi tornano in mente il giorno dopo e se mi accorgo di pensare al film quando dovrei concentrarmi su altro, vuol dire che sono stata conquistata. Naturalmente si tratta di sensazioni che non controllo e che questa volta sono in contrasto con il malcontento di ieri sera. A caldo ho paragonato La vita di Adele a un sequestro di persona: un film troppo lungo, estenuante. Solo oggi ho capito che Kechiche poteva regalarci un gran film, ma che si è fatto prendere troppo la mano, proprio come un adolescente che, eccitato dalle esplicite scene di sesso lesbo, non riesce a smettere di guardare, di insistere, di scrutare quasi morbosamente. 
La storia è intensa ed emozionante, il tema innovativo (mai visti film sull'omosessualità femminile in erba), la prova di regia è ottima e l'impegno delle due attrici protagoniste è straordinario, ma questo non basta a costringerti su una poltrona dalle 21 alle 24.30 (con due intervalli). Nulla giustifica tale prolissità, tale insistenza sul sesso. Neanche un possibile capolavoro. 

16 ottobre 2013

Sacro GRA (G. Rosi, 2013)

sacro gra

Ve lo devo dire, per me Sacro GRA non è niente di che. Documentario sulle vite che frullano attorno al Grande Raccordo Anulare di Roma. Spaccato reale di umana tristezza, povertà, amarezza. La sensazione più ricorrente è il déjà vu: il nobile decaduto, i romeni, le prostitute, i sudamericani, l'alzheimer... tutto già visto. Tuttavia, Rosi ha la fortuna di raccontare due storie uniche: la coppia padre-figlia che vive in una casa popolare e l'esperto in palme e punteruolo rosso che fa della fragilità della pianta metafora della condizione umana. Mi scuseranno Rosi e la Mostra del Cinema di Venezia, ma tutto il resto è noia.

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